Riflessioni di un adolescente sugli effetti delle droghe
La vita può essere dura certe volte: la scuola, i parenti, l’essere invisibili agli occhi di tutti. Il dispiacere pervade le membra, pesanti sotto l’inerzia del corpo gravato dal vuoto della solitudine. Chiudere gli occhi per non pensare all’ansia che ti divora lo stomaco, tanto da dilaniarti la mente con pensieri torbidi e oscuri. Il controllo, pensi di aver perso il controllo, ma alla fine non ti rendi conto che è l’ultima cosa che ti rimane. E quel respiro di fumo che ti permea le narici ti fa stare bene, per un attimo. Staccare dalla vita, staccare il cervello, staccarsi dal mondo e volare in alto; l’ascesa è facile, ma il tornare con i piedi piantati a terra è impossibile, illusorio. Nessuno è dipendente da niente: “è solo un modo per evadere, potrei smettere domani”, le parole sono un buon modo per ingannarsi. Le favole che ci raccontavano da bambini ad un tratto non ci sembrano più stupide, quelle parole leggere, ci fanno pensare a tempi migliori. Intanto il fumo pesa, ne serve sempre di più, i parchetti, i muretti, quelle maledette panchine, motori taciti di un lento degrado. Il controllo, non vuoi più avere il controllo, o almeno non puoi più riprendertelo con le tue sole forze. Una cortina di nebbia candida ti avvolge dolcemente, mentre nel ventre senti la tua anima che si allontana, e la vedi che nel buio e nel fumo si dilegua e ti lascia solo con lacrime amare che vanno a smascherare quel sorriso apatico. I pensieri sono confusi, gli arti lenti, hai lasciato la scuola per un lavoro misero, per comprarti quei pochi grammi che sono preziosi per te più di ogni altra cosa.
Dimmi, ne vale veramente la pena?