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La mia esperienza di Mindfulness

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Diversi anni fa ho scoperto per la prima volta la Mindfulness. Ero incuriosito da ciò che avevo letto e nonostante avessi provato a praticare da solo, seguendo le istruzioni dei libri che stavo leggendo, niente accadeva. Avevo letto che la Mindfulness aveva solide basi scientifiche ed era notevolmente utilizzata in ambito clinico attraverso il protocollo MBSR (Mindfulness Base Stress Reduction) di Jon Kabat Zinn. Decisi allora di provare. D’altronde tutti i testi spiegavano che

la Mindfulness è una pratica esperienziale e che tentare di impararla attraverso testi e seminari era come pensare di saziarsi vedendo una foto di un piatto di spaghetti.

Cominciai così il mio primo corso di Mindfulness. Mi destò molta curiosità il fatto che i miei colleghi partecipanti erano perlopiù psicoterapeuti, atleti agonisti, studenti specializzandi e qualche curioso come me. Iniziai con scetticismo, ma trovai la motivazione giusta ascoltando le ragioni che avevano spinto i miei compagni di viaggio ad intraprendere questa avventura. Mi colpì in particolare una psicoterapeuta che raccontò di una sua carissima amica che aveva frequentato prima di lei il protocollo MBSR: “Ho scelto di iniziare questo percorso perché ho visto in lei una grossa trasformazione, un cambiamento radicale, una modalità diversa di rapportarsi con se stessa e gli altri”.

Da allora decisi di affidarmi alla pratica e ho cercato di mettermi d’impegno per farla diventare una costante della mia vita. Ho cercato di allenare il mio cervello a dimorare nel momento presente.

Gli Ostacoli

Qual è l’ostacolo più grande che ho incontrato? Il dubbio. Il dubitare legato al giudizio tuo su te stesso e spesso anche al giudizio delle persone che ti conoscono. “Ma come, a te che pratichi la Mindfulness capita di sentirti arrabbiato, di essere deluso, triste e di aver paura? Di reagire invece di rispondere? Dovresti essere Zen”.

La Mindfulness non ti fa diventare un superuomo o una superdonna. Continuerai a provare le stesse emozioni che provavi prima. Imparerai ad osservarle, lasciarle essere e lasciarle andare. Ti capiterà spesso di riuscire a rispondere invece che reagire, ma potrà esserci sempre qualcuno, te compreso, disposto a evidenziare quella volta in cui hai reagito. Capita, fa parte del percorso. D’altronde stiamo cercando di “riprogrammare” i nostri automatismi, i nostri schemi ricorrenti, il nostro pilota automatico e sono questi che maggiormente sono radicati nella mente delle persone che ci conoscono, in una immagine impermanente e cristallizzata di noi che, invece, siamo in continua trasformazione e mutamento.

La Mindfulness è semplice ma non facile. Allora ci vuole coraggio, impegno e motivazione per sostenere alti e bassi del percorso. Mi è da costante stimolo le piccole scintille di consapevolezza che emergono di tanto in tanto e mi fanno apprezzare quanto il mio sforzo sia correttamente indirizzato.

Il viaggio

Durante questo viaggio ho imparato alcune lezioni importanti. Ho imparato parecchio su di me. Mi sono reso conto di avere un cervello che, se lasciato libero, tende ad essere fuori controllo, costantemente occupato a difendersi da minacce passate o future. Al mio cervello piace preoccuparsi. Parecchio.

Cercando di praticare quotidianamente anche solo alcuni minuti, ho notato uno spostamento della mia attenzione. Rimango meno invischiato in ansie e preoccupazioni su di me rispetto a quanto accadeva prima. La mia attenzione si è spostata all’esterno, e spesso mi ritrovo a vivere più in sintonia con quello che mi accade intorno. Sono più presente quando parlo con le persone, e la mia attenzione tende ad andare più facilmente verso di loro. Mi sento più cosciente e capace di gestire i miei comportamenti automatici.

Un solco tracciato

La Mindfulness e gli sprazzi sempre più frequenti di stati di presenza che ne derivano, hanno essenzialmente creato uno spazio tra le esperienze che vivo e la mia reazione ad esse. In situazioni dove di solito avrei reagito istantaneamente in preda a pura impulsività, ora c’è so che c’è uno spazio che mi permette di scegliere come meglio rispondere.

Certo le difficoltà sono moltissime, il percorso in salita ed ogni tanto si cade e si recede, per poi riprendere il cammino. Ma sai che ormai hai a disposizione, nei cassetti della tua memoria, alcuni strumenti consolidati e alcune abitudini che ti reindirizzano nel sentiero corretto: quello della consapevolezza, del tuo respiro come ancora al momento presente, l’unico in cui la vita è a tua disposizione.

Ancora oggi al mio cervello non piace dimorare nel momento presente, e sono necessari una pratica costante e diversi tentativi falliti per poter notare un miglioramento. Senza dubbio ho ancora tanta strada da fare in questa avventura che dura una vita, ma ne vale la pena. Dopo tutto l’unico istante di cui dispongo davvero è adesso. Tanto vale ottenerne il massimo.

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